Il manuale del calcio
Recensione
Con Agostino nella via Pál
Bruno Quaranta, Tuttolibri - La Stampa
Ha il rintocco di una predica inutile il manoscritto ritrovato in un cassetto che si preferiva non aprire. E’ una sorta di testamento etico (quindi tecnico, certo) firmato Agostino Di Bartolomei. Un campione poco fa, capitano della Roma di mago Liedholm, uno scudetto e una Coppa dei Campioni sfiorata contro il Liverpool, il male di vivere che, sfumato il rettangolo verde, a poco a poco si dilaterà, sino a deflagrare: un colpo al cuore, il 30 maggio 1994. Il manuale del calcio è un’estrema lezione di vita e di sport, il mestiere e l’agone che l’una e l’altra sono, la sfida, la necessità, giorno dopo giorno, di «provare e riprovare», di onorare i propri talenti, di far rotolare i dadi ricevuti in sorte, di attraversare all’impiedi il quotidiano lembo di terra, splenda il sole o giganteggi la bufera. Ruotando intorno al pallone, Agostino (Ago) Di Bartolomei racconta di sé, evoca un ideale, si cuce inevitabilmente addosso un destino solitario. Chissà in quale galassia coltiverà un’idea platonica di football, sorda alla creatina, al nandrolone, agli aurei rolex, ai fischietti truccati, ai suk che sono diventati gli stadi, a sua divinità la tattica che umilia il genio, il gesto (mai vanamente «beau»), l’esametro sferico. Giovanni Arpino avrebbe accolto con un inno questo biglietto di visita, questa confessione pudica, questa dichiarazione appassionata di «ingenuità», il rifiuto cioè di genuflettersi al vitello d’oro. Riconoscendo in Agostino Di Bartolomei un suo randagio eroe, l’interprete di una divisa al massimo grado: «La vita o è stile o è errore». L’universale gioco e la letteratura. A innervare I ragazzi della via Pál non è forse l’ambizione di conquistare un campo di calcio? Perché «si può giocare in una piazza, per strada, su di un prato, basta avere 4 sassi per fare 2 porte e un pallone ben gonfiato (o anche un po’ sgonfio)», avverte Di Bartolomei, ma non si può diventare Puskás nell’Orto Botanico delle Camice Rosse… Al nostro posto, conoscendo e rispettando le regole del gioco, ripetendo con un filosofo (forse Alain?), tra un dribbling e un cross, tra un arresto e uno stop (mastro «Ago» nulla trascura): chi gioca ha giurato. Ecco sfolgorare l’«inattualità» del Manuale, e così la sua miracolosità, e inscalfibile, e imprescindibile sapienza. Scritto per il figlio Luca, annunciato da Gianni Mura («I veri capitani possono morire o anche scegliere la morte, ma dimenticarli è impossibile»), con un ricordo di Marino Bartoletti e, a corredo, un coro di color che sanno (Liedholm, Boniperti, Ciotti), il vademecum di Agostino Di Bartolomei è un filo (una foglia) d’erba secondo Whitman: «Un bimbo mi chiede Che è l’erba? recandone a me a piene mani, / come rispondere al bimbo? Non meglio di lui so che sia. / Penso debba essere l’emblema della mia inclinazione, tessuto / della verde stoffa della speranza». Nonostante le tempeste, i venti contrari, le sirene, i mille e uno oltraggi della disumana commedia, per Agostino Di Bartolomei la speranza è nell’opera. In questo abbecedario che riaccende l’utopia di «pensare con i piedi».
Sinossi
Conoscere e rispettare le regole del calcio è il primo passo per imparare ad essere un “buon calciatore, uno sportivo corretto ed una persona leale”. Il secondo è capire che nel calcio si vince insieme e “aiutarsi è il primo dovere di tutti, dentro e fuori dal campo, sempre”. Poi sono doverosi il rispetto degli avversari e degli arbitri, è importante avere cura del proprio corpo in tutti gli ambiti, è decisivo ricordarsi che la parola d’ordine nel calcio è (o dovrebbe essere) “semplicità”. Dagli appunti di Agostino Di Bartolomei, per tutti Ago, suo figlio Luca ha realizzato un manuale ricco di consigli, spunti e riflessioni. Prefazione di Gianni Mura.
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