La storiografia romana nasce come opus oratorium maxime, un’opera, cioè, oratoriae, insieme, di riflessione sulla politica e sulle vicende storiche da parte di chi se ne è distaccato per la scelta o per l’obbligo, optando per la solitudine dell’otium.
Lo storico, libero da ogni parzialità e da ogni timore, vuole studiare le cause che scatenano i conflitti o determinano la corruzione dei costumi.
La sua opera, perciò, si colloca sulla stessa linea della creazione poetica: esprime una propria visione del mondo ed usa il linguaggio per sorreggerla.
Anche se il fine dichiarato della ricerca storica è la verità, è possibile usare l’ornatus per raccontare i fatti: è questo, per alcuni versi, il limite, oltre che il fascino, della storiografia latina. I testi storiografici di Cesare, Sallustio e Livio sono l’espressione dell’equilibrio raggiunto tra creazione poetica e testimonianza storica.