Le bambine non esistono

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«Il mio cuore è in pezzi per il popolo afgano e per i milioni di ragazze e donne che devono affrontare la terribile realtà di vivere sotto un regime che sin dall’inizio le ha sistematicamente brutalizzate e terrorizzate, deprivandole dei loro diritti». KHALED HOSSEINI

Nonostante sia cresciuta sui monti afgani al confine con il Pakistan, in una zona molto tradizionalista, Ukmina sin da piccola va in bicicletta, gioca a pallone, si sposta da sola per le commissioni, parla da pari con gli uomini del suo villaggio. Il motivo per cui può farlo è perché Ukmina non esiste. È un fantasma. Undicesima dopo sette femmine e tre maschi morti in fasce, quando ha compiuto un anno suo padre ha capito che ce l’avrebbe fatta e ha sentenziato: «Tu sarai un maschio, figlia mia». È un’usanza diffusa in Afghanistan, tollerata anche dai mullah: una famiglia senza figli maschi, può crescere una bambina come fosse un bambino. Per salvare l’onore e scongiurare la malasorte sui figli futuri. Malasorte che consiste nell’avere figlie femmine. Vengono chiamate bacha posh, “bambine vestite da maschio”, e sono tantissime. In virtù di un semplice cambio di abiti, Ukmina ha avuto tutta la libertà riservata agli uomini. E ha compreso fino in fondo quale prigionia sia nascere donna nel suo Paese. Così, al raggiungimento della pubertà, quando l’usanza impone alle bacha posh di mettere il velo, sposarsi e fare figli, Ukmina si ribella. Come potrebbe, di punto in bianco, seppellirsi tra quattro mura e ricevere ordini da un marito? Sa di dover pagare con pezzi della propria anima ogni giorno di libertà, ma sa anche che ne vale la pena. Sa che solo rimanendo uomo, libero e con diritto di parola, può aiutare le donne affinché non debbano nascondersi, sotto un burqa o in abiti maschili, per esistere.

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