STRADE BLU

Turno di notte. Storia tragicomica di un infermiere che avrebbe voluto fare altro

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Com’è che, dopo un’infanzia passata a sognare di diventare calciatore, astronauta o magari avvocato o filosofo, uno si ritrova a fare l’infermiere nella corsia di un ospedale? Sandrino – detto Saetta perché nessuno è veloce come lui ad accorrere al letto dei ricoverati – se lo chiede ancora oggi, dopo tanti anni trascorsi a galoppare su e giù per i corridoi dei vari reparti, richiamato dal suono insistente dei campanelli con cui i pazienti esigono le sue attenzioni, giorno e notte. Già, la notte… le ore che tutti attendono per abbandonarsi al riposo sono per l’infermiere, esattamente come per il navigatore solitario, il momento più difficile: quello in cui si percepisce tutta la solitudine e la responsabilità di non poter lasciare la barca ingovernata. Ma per Sandrino sono anche l’occasione per far spazio ai ricordi più esilaranti, drammatici o commoventi che hanno costellato la sua carriera, iniziata come ausiliario delle pulizie – parola d’ordine: «Saetta, vada a cambiare il 23!!» – e coronata dal diploma di infermiere, il vero passaporto per entrare nel mondo della medicina. Nel divertente racconto di Sandrino – che ha una inspiegabile quanto fortissima somiglianza con Giacomo Poretti – sfilano personaggi d’ogni tipo, dal medico di turno restio a farsi svegliare nel cuore della notte, e quindi soprannominato «Brandina», al paziente che si attacca al campanello perché gli si è informicolata una gamba oppure perché si sente solo e vorrebbe fare una partita a briscola. Ma in queste pagine c’è posto anche per la tenerezza verso chi soffre e spesso ha paura, e soprattutto per la riflessione sulla condizione umana che ci espone alla malattia e al dolore, riflessione che induce Sandrino a incalzare l’Amministratore Delegato dell’Universo (o chi per lui) con mille domande e dubbi su tanta ingiustizia. “Turno di notte” è un romanzo fatto di mille personaggi meravigliosi – suore, infermieri, pazienti, dottori – alle prese con tutte quelle piccole cose e quelle questioni enormi che sono il sale delle nostre giornate. Con la leggerezza profonda che lo contraddistingue, Giacomo non solo ci racconta una storia, fatta di tante storie che ci fanno ridere e piangere, ma riesce, senza dare troppo nell’occhio, a farci pensare. Alla malattia, alla cura, alla paura e alla speranza: insomma, a quella cosa esaltante, spaventosa e inesplicabile che chiamiamo vita.

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